La parola e la spada by Francesca Piazza;

La parola e la spada by Francesca Piazza;

autore:Francesca, Piazza; [Piazza, Francesca ]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Linguistica, Studi e Ricerche
ISBN: 9788815353917
editore: Societa editrice il Mulino Spa
pubblicato: 2019-09-15T00:00:00+00:00


Il ribaltamento ironico, rafforzando il contrasto tra le speranze nutrite dallo sconfitto e la sua situazione reale, contribuisce contemporaneamente a rinvigorire il coraggio del vincitore e quello dei suoi compagni. Assistere al trionfo del compagno (anche senza essere i destinatari espliciti del vanto) infonde coraggio e sprona a combattere, una funzione decisiva nella dinamica del conflitto (§ IV.3.1). In alcuni casi, poi, il coinvolgimento dei compagni è non solo esplicito ma attivo. È quello che accade quando Achille, ucciso Ettore, chiama a sé i suoi compagni invitandoli, in una sorta di vanto collettivo, a partecipare allo scempio del cadavere dello sconfitto (XXII, vv. 375-394).

Sugli avversari, invece, il vanto ha ovviamente un effetto opposto, suona come minaccia e provoca dolore e paura, se non vero e proprio terrore. La reazione dei compagni dello sconfitto è spesso esplicitamente segnalata dal narratore, in genere con espressioni quali «disse così, e fece dolore agli Argivi che si vantasse» (cfr. XIII, v. 417; XIV, v. 458; XIV, v. 486;) o «e una gran pena punse i Troiani» (XIV, v. 475) o ancora «disse così e a tutti un tremore prese le membra» (XIV, v. 506 ). Chi ascolta il vanto è preso dunque da un dolore, un’angoscia che lascia senza fiato (ἄχος), e/o da un tremito (τρόμος) che pervade il corpo.

Non sempre però la paura paralizza l’avversario. Accanto al terrore e allo scoramento, il vanto del nemico può suscitare anche una reazione insieme di pietà e di collera (cfr. XIII, vv. 417-421) che può fare scattare il desiderio di vendetta in uno degli avversari / spettatori che si prepara così a colpire a sua volta[23]. In questi casi, il vanto assume dunque anche il valore di discorso di sfida [Camerotto 2003a, 464] innescando una reazione a catena in cui verbale e non verbale mostrano la loro sostanziale continuità. Particolarmente significativa è una scena che occupa la parte finale del libro XIV[24]. Dopo che Ettore è riuscito a scampare alla morte ed è portato in salvo dai compagni, la battaglia prosegue ancora più cruenta. Ci troviamo nel bel mezzo di una violenta battaglia di mischia (v. 448), non ci sono dunque duelli nel senso stretto del termine, ma una serie concatenata di scontri mortali. Anche in questo caso, comunque, le parole svolgono un ruolo importante, un ruolo che è in genere quello di istigare alla violenza. In questa particolare situazione, infatti, in assenza di un vero e proprio rituale di sfida tipico del duello in senso stretto, il vanto pronunciato dal vincitore dopo avere abbattuto un nemico provoca la reazione di uno degli altri avversari spingendolo a combattere, svolgendo così la stessa funzione della sfida. A iniziare la serie di vanti / sfide è il troiano Polidamante che si vanta di aver ucciso Protoènore (vv. 454-457). Il suo vanto suscita, oltre al dolore di tutti i compagni (segnalata con la formula già vista, v. 458), anche la reazione irata di Aiace il quale tenta di colpire Polidamante, uccidendo invece Archéloco. Il vanto di Aiace sul corpo



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